FIAIP: Manifesto rilancio del settore immobiliare

Il 79% degli Italiani è proprietario dell’abitazione principale, 1.400.000 sono i lavoratori coinvolti nell’immobiliare, 4.200 miliardi è il valore delle abitazioni civili e 1.000 miliardi il valore degli immobili ad uso diverso dall’abitativo, questi pochi dati sono sufficienti a far comprendere come il settore immobiliare, oltre ad essere trainante per la nostra economia, assuma da sempre un ruolo fondamentale per il benessere e la stabilità del nucleo centrale della nostra società: la famiglia.
A differenza di altri Paesi, la proprietà immobiliare diffusa ha prodotto ricchezza per la maggioranza dei cittadini, anziché risolversi in un beneficio di pochi grandi proprietari. La proprietà diffusa ha favorito il formarsi di un capitalismo popolare, che è rimasto immune nel tempo dalle crisi prodotte, dall’eccessiva finanziarizzazione dei mercati e che ha garantito, nel contempo, con la propria patrimonializzazione, il debito pubblico italiano.
Tra i fattori che stanno allontanando gli italiani dall’investimento immobiliare si annoverano l’alta tassazione del bene “casa”, che in questi ultimi tempi è diventata la più alta d’Europa e l’erosione del valore dei beni immobili causata da una modalità di tassazione ingiusta, in quanto applicata in forma patrimoniale e non reddituale. Le politiche depressive, recentemente applicate al settore immobiliare, unitamente alle difficoltà di erogazione del credito, hanno causato nell’ultimo quadriennio la perdita di 500.000 posti di lavoro.

Riduzione della pressione fiscale sugli immobili, semplificazione fiscale ed eliminazione Enti inutili

Come dimostrato in un recente studio commissionato da Confedilizia, la pressione fiscale sugli immobili è la più alta d’Europa : se l’introduzione dell’IMU non si fosse basata su un precedente aumento delle rendite catastali, pari al 60%, il peso della tassa sarebbe stato più sostenibile.
Non si tratta quindi di lavorare sulle singole imposte, ma di abbassare la pressione fiscale complessiva gravante sugli immobili.
Per favorire gli investimenti immobiliari in Italia, è necessario un quadro normativo certo e una imposizione fiscale chiara ed inequivocabile. I mille balzelli fiscali che gravano sulla casa, rendono quasi impossibile, per un investitore, calcolare il proprio ritorno economico sull’investimento. Si rende necessario prevedere un’ imposta unica sulla casa.
Tra le varie tasse che gravano sugli immobili vi sono poi quelle derivanti dai Consorzi di Bonifica, Enti da eliminare, assegnando le relative funzioni ad altri soggetti istituzionali.

Tassare i redditi derivanti dal patrimonio e non il patrimonio

La necessità di porre in essere sistemi di tassazione che seguano le vie di una maggiore equità e giustizia, è ormai compresa dalla maggioranza dei cittadini. Tassare il reddito prodotto da un bene è alla base della civiltà fiscale e delle politiche di sviluppo. L’introduzione di una tassa sul patrimonio dovrebbe essere usata solo in casi straordinari e per scopi specifici. Purtroppo, il ricorso alla tassazione patrimoniale adottata nel nostro Paese per il settore immobiliare, sta creando un’erosione consistente dei valori economici. In particolare, la tassazione in forma patrimoniale, applicata alle abitazioni di famiglie con redditi tra i 20.000 ed i 60.000 Euro, rende quasi insostenibile il mantenimento di proprietà derivanti da eredità o donazioni. Fino a poco tempo fa ereditare una casa era un valore, oggi è diventato un lusso che non tutti si possono permettere.

Eliminazione della tassa sulla prima casa

Famiglie, coppie, single subiscono la tassazione di un bene primario come la casa. Bene che assume i valori esplicitati in premessa e che non può diventare fonte di preoccupazione. Chi negli ultimi anni ha acquistato la sua prima casa, eventualmente accollandosi un mutuo o grazie all’aiuto dei genitori e sta vivendo l’attuale crisi economica, non può sostenere il peso di una tassa patrimoniale come l’IMU; a tal proposito si ricorda che, in base ai dettami della tassazione reddituale, la prima casa non produce nessun reddito.

No al consumo del suolo, sì al recupero dell’esistente

Chi dice che il mercato immobiliare non sia portatore di innovazione tecnologica o non possa offrire nuove opportunità di lavoro ai giovani appartiene alla schiera di quelle persone che non conoscono il mercato, o di quelle che nell’ultimo anno hanno cercato di spingere noi Italiani all’investimento mobiliare a discapito di quello immobiliare.
In Italia possediamo un patrimonio immobiliare vecchio e non conforme alle normative per il risparmio energetico. Inoltre, il consumo del territorio è stato aumentato a dismisura dalla necessità dei Comuni di introitare risorse mediante le tasse di concessione.
Rinnovare e adeguare il nostro vetusto patrimonio immobiliare significa introdurre nella filiera immobiliare tutte le nuove tecnologie per il risparmio energetico e rendere così più attraente all’investitore, anche straniero, l’acquisto di unità immobiliari. I piani regolatori, fin qui adottati, hanno sempre posto vincoli all’altezza degli edifici preferendo l’espansione delle città in senso orizzontale. Oggi questa rotta va invertita, prevedendo incentivi fiscali per chi recupera il patrimonio edilizio esistente e permettendo l’aumento delle cubature costruibili sui terreni oggetto di demolizione di edifici pre-esistenti. Una fiscalità di vantaggio è assolutamente necessaria per mediare gli ingenti costi che le ristrutturazioni e le innovazioni tecnologiche fanno gravare sul prezzo finale di un immobile.

Edilizia agevolata, no a nuove costruzioni

In Italia, attualmente, sono sul mercato, e quindi invenduti, circa 1.200.000 immobili, di questi, la maggior parte sono di nuova costruzione. Il fallimento di tante piccole e medie imprese del settore edile rende disponibile sul mercato un numero consistente di immobili che possono essere “circuitati” dai Comuni e venduti ai cittadini più indigenti con un modesto canone di affitto e con la possibilità di riscatto a 30/40 anni.

Facilitare l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa

Non vi è dubbio che l’attuale crisi dell’economia mondiale sia stata, sostanzialmente, causata da un eccesso di debito. La finanziarizzazione eccessiva di tutti i mercati (es. generi alimentari, immobiliare, industriale ecc.) mediante l’uso di derivati e senza un valore economico reale ha, dal settembre 2008 ad oggi, causato il fallimento di circa 900 Istituti bancari in tutto il mondo. Le banche che non sono fallite sono state privatizzate dai rispettivi Stati e solo una parte molto piccola degli Istituti di credito è riuscita a sopravvivere alla crisi. E’ facile intuire che le difficoltà nell’erogare mutui da parte degli Istituti bancari derivi, principalmente, dal fatto che gli Istituti stessi non riescono a fare raccolta a lungo termine per poi destinare gli impieghi, con la medesima durata, sui mutui immobiliari. Nel contempo, i criteri di erogazione del credito sono completamente mutati in relazione all’attuale crisi economica e all’aumentare del numero dei fallimenti delle piccole e medie imprese. La quota mutuabile del valore immobiliare è oggi individuabile tra il 50 e il 60%, mentre il rapporto tra rata del mutuo e reddito è di circa il 30%. Per facilitare l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa è quindi necessario utilizzare a garanzia, per la parte rimanente del mutuo, un apposito fondo creato presso la Cassa Depositi e Prestiti. Occorre poi rendere detraibili i mutui contratti per l’acquisto della prima casa.

Facilitare l’acceso al credito immobiliare per mezzo dell’agente immobiliare

Il D.lgs.n. 141/2010 ha riformato completamente l’attività del mediatore creditizio, rendendo accessibile l’attività di mediazione esclusivamente a persone giuridiche che abbiano determinate caratteristiche. Nel riformare la sopra citata attività, si è vietato all’agente immobiliare di segnalare alle banche la necessità dei propri clienti di accedere ad un mutuo per l’acquisto della propria abitazione. Di fatto è stato eliminato un servizio gratuito che l’agente immobiliare forniva al proprio cliente e si sono, così facendo, abbassati i livelli di concorrenza tra gli Istituti bancari. E’ del tutto evidente che, l’agente immobiliare ha tutto l’interesse a far sì che il proprio cliente possa accedere al credito “migliore”, potendo così intermediare con successo un’operazione immobiliare.
Allo stato attuale l’agente immobiliare non può svolgere nessuna attività di segnalazione, eventualmente remunerata dall’erogante o dal mediatore creditizio, essendo state previste dalla legge specifiche sanzioni di carattere civile e penale.
Un mercato a concorrenza “zero” non può crescere: è quindi necessario ripristinare la segnalazione strumentale alla propria attività per gli agenti immobiliari.

L’agente immobiliare e il passaggio da ausiliario del commercio a professione intellettuale

La funzione dell’agente immobiliare, all’interno della filiera immobiliare, ha assunto e sempre più assumerà, una parte determinante nel recepire i valori immobiliari espressi dal mercato. Non vi è dubbio che per rilanciare il mercato immobiliare, oltre all’adozione di nuove politiche legislative da parte del Governo, si renda necessario rimodulare anche le funzioni di chi nel mercato, è uno degli attori principali.
Il recepimento della Direttiva Bolkestein da parte dello Stato Italiano, ha semplificato le modalità di accesso all’attività di agente immobiliare, eliminando di fatto il precedente regime autorizzatorio. Tra gli scopi della Direttiva stessa, oltre alle semplificazioni, è espressamente indicata la tutela dei consumatori.
Gli agenti immobiliari sono oggi inquadrati come ausiliari del commercio e per accedere all’attività si rende necessario frequentare un corso, la cui durata e le cui materie di studio, vengono decise a livello regionale, creando così una difformità formativa tra agenti immobiliari nelle diverse regioni.
La sempre crescente domanda di tutele da parte del consumatore, deve spingere il Governo a proporre una riforma della legge che veda l’accesso alla professione solo dopo uno specifico percorso universitario istituzionalizzato presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Se vogliamo dare opportunità alle generazioni future, dobbiamo prepararle ad affrontare il mercato globale e quindi ampliare le conoscenze dei futuri agenti immobiliari anche sul piano formativo.
Pur senza alcuna velleità ordinistica, riteniamo che il passaggio da ausiliario del commercio a professione intellettuale sia ormai nei fatti e, solitamente, la legge giunge a consolidare quanto ormai si è già cristallizzato a livello sociale.
Inoltre, sarà necessario prevedere uno standard minimo di servizi obbligatori per legge che l’agente immobiliare dovrà rispettare a tutela del compratore.
A ciò deve aggiungersi la necessità di eliminare le incompatibilità contenute nell’art. 5 della L.n.39/89, come modificato dall’art.18 L.n.57/2001, con particolare riferimento al divieto di esercitare attività imprenditoriali e professionali diverse da quella di mediazione.
Occorre, infatti, osservare come su istanza dei consumatori si sia fatta progressivamente strada l’offerta di servizi immobiliari autonomi rispetto all’intermediazione oltre ad altri servizi funzionali al settore immobiliare.
Deve, pertanto, trovare opportuna regolamentazione la sempre più incalzante richiesta proveniente dai proprietari di immobili di un servizio più completo e funzionale alle proprie esigenze, nel cui novero rientra, in particolare, la più completa “gestione degli immobili”.

Lotta all’evasione fiscale e all’abusivismo professionale