Il decreto del fare blinda (in parte) l’investimento sulla prima casa

Anche sugli altri edifici il governo Letta ha previsto una sorta di tutela accentuata: infatti il Fisco non potrà portarsi via nulla se il debito è inferiore a 120 mila euro (ora il tetto è a 20mila).

Altra tutela è quella rivolta alle imprese: l’agente di riscossione non potrà pignorare più di un quinto del patrimonio nelle disponibilità delle aziende. E in ogni caso non potrà procedere alla vendita all’asta prima di 300 giorni.

Fin qui gli aspetti positivi, che potrebbero costituire un motivo di impulso negli investimenti immobiliari: anche in caso di future sventure e di debiti contratti con il fisco, sarà impossibile vedersi portar via la prima casa dallo Stato e molto difficile vedersi sottrarre gli altri immobili.

Ma il decreto, tra le luci appena citate, contiene anche molte ombre. Innanzitutto bisognerà verificare se e quando questo decreto verrà convertito, eliminando quel velo d’incertezza che di fatto per ora neutralizza gli effetti benefici sul mercato immobiliare. E soprattutto bisognerà vedere se in sede di conversione alcuni provvedimenti verranno cassati o stravolti dal Parlamento.

Aldilà dell’iter procedurale, suscitano polemiche sia le criticità scritte, che quelle causate dall’incuranza dell’esecutivo. Guardando ai difetti espliciti di formulazione della norma, spicca l’eccezione espressa nel decreto: resteranno pignorabili gli immobili di lusso, ville e castelli, classificati al catasto come A/8 e A/9. Una misura dall’alto tasso di demagogia, visto che spesso tali edifici di pregio risultano ereditati e diventano talvolta l’unico patrimonio disponibile di chi diventa debitore verso il fisco: il valore dell’abitazione principale dunque non può sovrastare il principio fondante della norma prevista nel “decreto del fare”, ossia che tutti hanno diritto ad un tetto e che lo Stato non te lo può portar via.

Ci sono poi le criticità non scritte, ma del tutto evidenti: secondo l’articolo 2470 del codice civile, “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Una norma di buon senso, che impone a chi contrae debiti l’onere di saldarli, presto o tardi. Una norma che però finirà per svilire probabilmente l’innovazione sull’impignorabilità della prima casa per debiti con l’erario: i creditori privati infatti, con le banche in prima fila, potranno tranquillamente continuare a rifarsi sull’abitazione principale senza alcun problema.

Sulla prima casa dunque, fino ad oggi, il governo Letta ha fatto più mezzi passi che balzi in avanti concreti: l’Imu è per ora solo congelata, il provvedimento sull’impignorabilità presenta lacune evidenti. Il mercato immobiliare e gli italiani attendono risposte concrete e consistenti.