Luigi Schiavo (ANCE Veneto): Nessuna ripresa senza il rilancio delle costruzioni – Blog Banca Delle Case

Il settore delle costruzioni potrebbe generare in Veneto investimenti immediati per 1,3 miliardi di euro mettendo in modo una ricaduta complessiva sull’economia regionale pari a 4,5 miliardi di euro e a 22 mila posti di lavoro. La stima è di Ance Veneto ed è stata illustrata, lo scorso 30 maggio allo Sheraton Hotel a Padova, in occasione della presentazione dell’XI Rapporto sull’industria delle costruzioni in Veneto.

Abbiamo chiesto al presidente di Ance Veneto, Luigi Schiavo, di fare il punto della situazione sulla ripresa

Il settore delle costruzioni registra una flessione degli investimenti ormai da più di 20 trimestri consecutivi. Le proporzioni di questo calo hanno assunto valori che vanno ben oltre quella che potrebbe definirsi una crisi congiunturale. In Italia non c’è stata una bolla immobiliare e la domanda di prime abitazioni, così come l’esigenza di infrastrutture, non soltanto quelle più grandi, rimane ancora alta. Secondo i dati Istat esiste nel nostro Paese una richiesta insoddisfatta di 500 mila case.

Eppure in soli 5 anni il settore ha perso il 35% degli investimenti in Veneto, pari a ben 7 miliardi di euro, ritornando ai livelli degli anni ‘70. Si tratta di un primato negativo nell’ambito di una crisi economica che non accenna ancora a mostrare segni di allentamento. Nello stesso arco di tempo si sono persi, in tutta la filiera delle costruzioni, 40 mila lavoratori e un impresa su quattro ha dovuto chiudere i battenti.

Pur scontando gli inevitabili effetti di una crisi congiunturale che viene da lontano, il settore sta pagando oltremisura alcune storture tipicamente endemiche: la chiusura dei rubinetti del credito alle famiglie per l’acquisto della casa, l’iniquità dei vincoli del Patto di stabilità interno che ha spinto gli enti locali a una spending review che ha interessato soltanto la spesa per investimenti (- 40% di opere pubbliche) mentre quella corrente è continuata a salire, una burocrazia elefantiaca e vessatoria che ritarda, quando non scoraggia totalmente, gli investimenti.

Si pensi che secondo una recente indagine soltanto il 5% delle richieste per un mutuo casa viene accolto dagli istituti bancari. In queste condizioni non c’è alcun margine di ripresa, non soltanto per l’edilizia, ma per l’intera economia italiana sulla quale le costruzioni pesano per il 10 per cento del Pil e dell’occupazione. Non può esserci alcuna strategia di rilancio dell’economia che non metta l’edilizia al centro. Certo, siamo tutti consapevoli che bisogna puntare su una nuova edilizia, che limiti l’occupazione di nuovo suolo, legata al recupero del patrimonio esistente, alla riqualificazione urbana, alla messa in salvaguardia del territorio e degli edifici pubblici.  Fa piacere che, recentemente, il presidente del Consiglio Enrico Letta e alcuni rappresentanti di spicco del governo abbiamo ribadito l’importanza di rilanciare l’edilizia per intercettare la ripresa economica. Una riflessione che risponde a una storica e comprovata ricetta di politica economica. Ma è opportuno oggi più che mai agire in fretta, partendo da due priorità: la riattivazione del circuito del credito da parte delle banche e la modifica dei vincoli del Patto di stabilità interno per liberare la spesa pubblica destinata agli investimenti, a partire da quelli per la sicurezza del suolo e la riqualificazione del patrimonio pubblico. Quest’ultima azione, in particolare, libererebbe immediatamente 1,3 miliardi di euro già disponibili nelle casse degli enti locali. Confidiamo che queste riforme vengano adottate in tempi brevissimi. L’alternativa è la polverizzazione con conseguenze irreversibili di un intero settore”.