La riforma del catasto e le ricadute sul mercato – Blog Banca Delle Case

Il governo è in procinto di mettere mano alla riforma del valore catastale delle case. L’idea fa parte di quel progetto più importante che prevede la riforma completa della tassazione sugli immobili che porta ogni anno nelle casse dello stato qualcosa come 40 miliardi di euro e che il governo ha promesso entro l’estate. In effetti una riforma del catasto si impone anche se la paura che vengano fatte le cose “all’italiana” è concreta.

Il problema reale è quello delle rendite catastali estremamente basse ed estremamente inique tra case nuove e vecchie e fra centro e periferia. Il catasto ragiona infatti sulla base della riforma del 1939 e adotta come unità di misura il vano anziché il metro quadro. Ne consegue che esistono forti disparità da città a città e tra centro e periferia, con le case del centro storico che si ritrovano un’imposizione più leggera rispetto a quelle in periferia.

È del tutto chiaro che bisogna cambiare metro di giudizio, adottandone uno che sia più condiviso. E in questo senso il metro quadrato è perfetto. Il timore di molti, e delle agenzie immobiliari in primis, è che dietro la riforma del catasto possano però celarsi nuove, pesanti, tasse che rischino di vanificare l’eventuale cancellazione dell’Imu sulla prima casa.

Dopotutto il calcolo dell’Imu era proprio condotto in base alla rendita catastale e quindi il timore è lecito. Un aumento della rendita catastale rischia però non solo di far tornare sotto altre spoglie l’imposta municipale unica che i partiti di maggioranza proclamano di voler cancellare almeno dalla prima casa, ma anche di comportare maggiori esborsi per tutto quel che riguarda, lasciti, donazioni e successioni. Ma soprattutto le compravendite.

La riforma che sta prendendo forma, a causa degli aumentati valori catastali, comporterà un aumento delle imposte sugli immobili notevole ma soprattutto rischia di portare l’Imu sulle seconde a livelli insostenibili deprimendo ulteriormente (o definitivamente?) il mercato che già non vive un momento florido dato che il mattone, di fatto, sta smettendo di essere un bene rifugio, e quindi comprata la prima casa non si acquista più perché non conviene. Gli ultimi dati lo confermano parlando di una diminuzione pari al 14,2% delle compravendite di immobili per uso abitativo nelle 13 principali città italiane nel primo trimestre dell’anno (che porta i valori a uno “scandaloso” -53,8% rispetto ai livelli pre crisi che ormai sembrano far parte di un’altra epoca) e stima per il 2013 un complessivo -6% nell’arco dell’anno nonostante una diminuzione dei prezzi medi delle abitazioni del 5%.

Da tenere presente che questi dati sono calcolati con le attuali carte in tavola. La federazione delle agenzie immobiliari teme che, in caso vada in porto la riforma del catasto, si possa arrivare al raddoppio di questi dati già di per sé molto preoccupanti. Maggiori spese rischiano poi di comportare, anche per quei coraggiosi che decidono comunque di acquistare, tempi ancora più lunghi per portare a termine l’affare. Tempi che già si sono allungati in modo rilevante passando dai 6 mesi del 2008 ai 10 del 2012, principalmente per colpa delle banche che ora svolgono accertamenti molto più minuziosi, e bene e spesso poi decidono di non accettare di finanziare l’acquisto.

La riforma del catasto può essere un’opportunità di modernizzazione del Paese, ed è necessaria, ma se si faranno le cose “all’italiana” finirà per essere una ulteriore tagliola al mercato degli immobili. Gli agenti immobiliari tengono le dita incrociate e vigilano, devono però saper far sentire la propria voce qualora la riforma della tassazione sulla casa finisca per far pagare a loro e a chi vuole acquistare un immobile il prezzo di una crisi che nessuno di coloro che l’ha creata ha sentito fino a questo punto sulla propria pelle.