Immobiliare turistico, la crisi volge al termine

L’estate del quinto anno di crisi è davvero da collasso per il comparto turistico italiano e anche per tutto l’indotto, compreso l’immobiliare. Eppure tra gli operatori del settore rimane un certo ottimismo, legato all’esponenziale crescita degli investimenti da parte di paperoni stranieri nelle località più belle d’Italia. Un boom dell’export immobiliare e in particolare dell’immobiliare turistico che si giustifica anche con i prezzi stracciati che i ricchi d’oltre confine possono trovare nel Belpaese.

Prezzi stracciati dunque non solo per gli acquisti immobiliari in località turistiche, ma anche per le locazioni: un esempio su tutti è quello del Friuli Venezia Giulia, che ha visto nelle mete balneari un crollo dei prezzi d’affitto pari addirittura al 20%.
Secondo il sindacato balneari (Fipe, sigla di Confcommercio), i turisti sulle spiagge d’Italia (con il mare che si conferma meta preferita dal 60% di chi in vacanza ci può andare) sono il 10% in meno rispetto al 2012, con un tracollo marcato nei mesi di maggio e giugno (-40%, stime di fine luglio) che non si può spiegare solo con il tempo incerto che ha caratterizzato l’inizio della stagione.
La buona notizia per il Nordest è che il Veneto con solo il -5% è tra le regioni che se la sono cavata meglio e che il Friuli non rientra tra le peggiori (Calabria, Campania, Puglia e Lazio toccano il -20%). Per gli italiani ormai la tintarella al mare è un lusso solo da permettersi nel fine settimana (8 milioni i connazionali che hanno dovuto dire addio alla vacanza lunga), niente più stagioni intere con appartamento prenotato, né seconda casa da acquistare al mare, visto il salasso Imu. Ma se non altro nel Triveneto le presenze di stranieri (con russi, polacchi, cinesi e argentini che si sommano ai consolidati flussi di tedeschi e inglesi) hanno consentito di ridurre l’impatto della recessione.
L’impatto di questo spopolamento delle spiagge non pesa solo sulle tasche degli operatori balneari: a perdere un’importante occasione occupazionale, seppur stagionale, sono state 10mila persone, con il taglio dell’offerta di posti da cameriere, bagnino, barista, cuochi, parcheggiatori…
E a pagare il prezzo di questo tracollo è ancora una volta anche l’immobiliare: le compravendite in zone turistiche sono crollate in un anno del 13,2%, gli affitti del 12%, sebbene i canoni di locazione siano calati del 10% (dati della Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari – Fimaa, Confcommercio). Gli stranieri che hanno preso in affitto una casa al mare in Italia sono aumentati di un misero 0,1%, giungendo al 13% del totale degli affittuari, una crescita che (tranne nel Nordest come detto) non ammortizza l’impatto del passaggio dal 9,4% all’8,1% degli italiani, con l’1,3% che ha deciso di non prendere più appartamenti in affitto quest’anno.
Il Veneto, pur con un calo limitato delle presenze, è tra le regioni che hanno visto un crollo delle locazioni in località di mare: -15%, al pari di Toscana e Sardegna. Peggio hanno fatto solo Sicilia (-20%) e Abruzzo (-22,5%). La Sicilia è tra le regioni che registrano anche il calo più cospicuo delle compravendite (-18%).
Anche i prezzi del mattone in località balneari (salvo che nelle mete vip, dove una casa è considerata ancora “bene rifugio”) sono calati del 6,2%, il doppio della flessione registrata dalle case di montagna (-3,3%).
Ma per il presidente Fimaa, Valerio Angeletti, la luce in fondo al tunnel inizia ad intravvedersi e sembra provenire dall’estero: la federazione degli agenti immobiliari chiede al traballante governo Letta di prevedere – come già accade in altri paesi – la concessione del permesso turistico a chi decide di investire in Italia. Un incentivo che attirerebbe i paperoni d’oltre confine ma anche coloro interessati a investimenti in località turistiche su immobili da 200 o 300mila euro.